Un americano a Roma - Teodoro Russo blog

Un americano a Roma

“E come la osservanza del culto divino è cagione della grandezza delle republiche, così il dispregio di quello è cagione della rovina d’esse.” Niccolò Machiavelli

Era solo il secondo giorno in cui si era aperto o, per chi lo preferisce, chiuso il Conclave e nulla sembrava far presagire una così repentina decisione. Le immagini dell’extra omnes e della chiusura della porta erano ancora davanti ai nostri occhi.

Eravamo così assuefatti e convinti del detto “È entrato Papa ed è uscito cardinale” che, per analogia e contrapposizione, pensavamo che l’elezione del nuovo Pontefice non sarebbe avvenuta certamente in così breve tempo. Ma la Chiesa, in tutta la sua stupefacente unicità e maestosità, ha voluto ancora una volta stupire tutti i suoi figli eleggendo – il secondo giorno e solo al quarto scrutinio – il suo nuovo Pontefice. Lo ha fatto con straordinaria maestria, insediando sul Trono di Pietro colui che – almeno per chi scrive – saprà lasciare un solco profondo del suo apostolato, coniugando al meglio la tradizione della fede e l’innovazione della spiritualità cristiana, temi questi non più procrastinabili ma che necessitano di tutti quegli oggettivi approfondimenti per il rilancio della credibilità della Chiesa Cattolica, da più parti aggredita nel tentativo di opacizzarne contenuti e operato.

Ecco allora che i cardinali tutti, chiamati ad esprimersi sul successore di Francesco, hanno ancora una volta esterrefatto il mondo intero chiamando a loro e nostra guida spirituale il migliore dei migliori: il Cardinale Robert Francis Prevost, che a sua volta ha deciso di chiamarsi Leone XIV. Quasi a significare che, così come il suo omonimo Leone I aveva fermato Attila, così Lui si propone di fermare quel lento ma evidente declino di presenze e credibilità della Chiesa nel mondo.

È così che, l’8 maggio scorso, Leone XIV, anche lui scelto da un paese lontano o, meglio, “Dall’altra parte del mondo”, si è affacciato dalla loggia pontificia e ha salutato i fedeli in una piazza San Pietro gremita. Ha esordito dicendo “La pace sia con tutti voi “, riprendendo le parole di Gesù risorto e quindi certamente intese come dono spirituale di riconciliazione con Dio, ma riprendendo e pronunciando più volte nel suo intervento la parola “pace”, facendola diventare fulcro indimenticabile del suo discorso. “Pace disarmata e disarmante” sono le parole che più ci hanno colpito, nella loro semplicità ma anche e soprattutto per essere riuscito a sintetizzare in due semplici aggettivi ciò di cui il mondo ha bisogno e deve perseguire.

Ha 69 anni questo nuovo Pastore che avrà il compito di difendere il suo gregge, oggi più che mai, dai vecchi, nuovi e sempre più agguerriti “lupi” nelle vesti di governanti egocentrici.

Del resto, non possiamo non ricordare che questo è il primo Papa dell’ordine agostiniano. Un ordine che ha una lunga storia e una forte spiritualità, con alti precetti di carità, povertà evangelica, obbedienza, castità. Essi si sostengono secondo il principio della carità e del loro lavoro, non hanno e non possono avere proprietà personali e questo Papa impersonifica al massimo tali concetti, perseguendo e diffondendoli in tutta la sua vocazione agostiniana.

In illo uno unum, “In colui che è uno, siamo uno solo” è il motto scelto da Papa Leone XIV, tratto da un sermone di Sant’Agostino. Volendo evidenziare che, secondo una mia personalissima visione e interpretazione, sebbene nel mondo siamo in molti, nell’unico Cristo siamo uno solo.

Così si presenta e si è presentato il successore di Francesco, da lui voluto cardinale solo un anno fa e da lui nominato alla guida del dicastero dei vescovi.

È americano, è vero, e per questo vale la pena anche di ricordare che, solo qualche settimana prima della sua elezione a vescovo di Roma, aveva fortemente criticato il taglio dei contributi dell’amministrazione trumpiana verso le associazioni per gli aiuti ai più bisognosi, oltre che la repressiva e dura campagna antimmigrazione sistematicamente divulgata e portata avanti dal presidente e dal vicepresidente.

La sua preparazione e le sue lauree in scienze matematiche e filosofiche ci fanno capire quanto ampio possa essere lo scibile della conoscenza dell’uomo chiamato a guidare la Chiesa in un momento di grandi cambiamenti politici, economici, culturali e perfino naturali.

Dovrà affrontare – e speriamo condurre – quel processo inarrestabile e complesso di trasformazioni del nostro tempo; come se l’inizio del terzo millennio comporti necessariamente il bisogno di modifiche strutturali di quelle norme e comportamenti che pur ci hanno condotto dove oggi siamo. Sarà un periodo difficile, tortuoso, ricco di incognite e irto di difficoltà. Forse è per questo che in un suo primo discorso il Papa ha voluto richiamare all’esempio l’intera classe sacerdotale:

“la Chiesa è ferita” ha detto, “siate credibili, con la trasparenza della vita, con vite leggibili e senza ombre! Stiamo dentro il popolo di Dio, per potergli stare davanti, con una testimonianza credibile.”

“Liberare, donare, non possedere” ha sottolineato, così come anche ha sempre predicato il compianto Papa Francesco.

In queste parole, tutta la sua energia nel voler spronare i suoi discepoli ad un cammino più vicino e consono alla Parola di Dio incitandoli all’esempio e nei fatti nel loro Magistero.

E noi, che lo seguiamo in questo inizio di cammino che auspichiamo lungo e gravido di eventi che vadano nella giusta direzione, non possiamo che apprendere con compiacimento quanto propone e ci propone.

Del resto, non ne scriviamo solo per par condicio o perché, come ha detto al sindaco di Roma “Per voi e con voi sono romano” (forse anche tifoso della Roma e della Lazio in quanto sportivo), o perché anche simpatico, ma perché siamo convinti assertori che può essere la Persona giusta, al posto giusto, al momento giusto. E, nel suo insegnamento, accettiamo di buon grado la volontà del Signore.