Donna

Articolo pubblicato sulla rivista "NEXUS" n. 113 - Primavera 2020

In occasione della Festa dell’8 marzo, una riflessione sincera da parte di un “maschilista” su condizione lavorativa, famigliare, storia e attualità dell’altra metà del cielo.

Marzo, il mese dell’anno da sempre definito il mese pazzerello, per la sua pioggia con il sole. Questo, da bambino ci insegnavano alle elementari e leggevamo sul nostro Sussidiario.

Oggi, con i noti cambiamenti climatici, pazzerelli lo sono un po’ tutti i mesi ed è per questo forse che marzo è diventato il mese della donna. Per ricordarcelo fiorisce la mimosa, questo bellissimo e profumatissimo albero dai fiori gialli con i quali l’8 marzo appunto si celebra la festa della donna. Per quel giorno e per sottolinearne l’importanza, i nostri maestri pasticceri si sono perfino inventati una torta particolarissima, la Mimosa appunto, dolcissima e assai bella da vedere. Non poteva essere altrimenti, doveva celebrare la festa di quella che, nella nostra religione, il buon Dio ha voluto creare dalla costola dell’uomo.

La donna, quella meravigliosa creatura alla quale è stato affidato l’onere di portarci in grembo e dopo nove mesi darci alla luce senza non poche sofferenze.

Parlare della donna, ai giorni d’oggi, non è certamente facile, non potendo limitarci alla definizione del Garzanti, definendola appunto, “nome di femmina adulta della specie umana”.

È anche questo, ma non possiamo arcaicamente pensare che la donna possa essere solamente e genericamente definita come una persona di sesso femminile.

La donna ha da sempre, ma oggi ancor di più, dimostrato di essere pari all’uomo. In alcune circostanze di poterlo anche superare per impegno, competenza e capacità organizzativa.

Ma prima soffermiamoci, anche se per poco, a quelle qualità che oggi sembrano non essere più considerate, quasi dimenticate dai più che, nella illogica ricerca della valenza femminile, si lasciano dietro le spalle e forse dimenticano quello che invece va ricordato e sottolineato.

Ogni donna è, a parer mio, prima di ogni altra cosa, moglie, compagna, madre.


Compiti tutti assai difficili, faticosi, impegnativi che hanno però un unico comun denominatore, che è quello della famiglia, pietra miliare di ogni soddisfazione, di ogni successo personale.

Successo, questo, che in alcune circostanze viene sacrificato in nome di qualche altro successo, magari nel lavoro, negli affari, nella carriera. La ricerca, seppur legittima di queste soddisfazioni, a parer mio, qualche volta effimere e discutibili e a scapito della famiglia, dei figli e magari della loro educazione e formazione, è cosa dei nostri giorni.

Alcune volte con calcolata freddezza, altre volte perché spinte dalla voglia spropositata di avere una propria visibilità, una propria autonomia. Pochi i casi in cui le donne sono veramente costrette, se non lo vogliono, a sacrificare la famiglia per il lavoro.

La linea di demarcazione di dove inizia la voglia di un successo personale e quello di volersi impegnare in famiglia è, ad onor del vero, non sempre così netta, tangibile. Credo che non siano molte coloro che riescono a coniugare entrambe le cose, ma sono certamente tantissime quelle che cercano di farlo. Purtroppo però, bisogna riconoscerlo, carriera e famiglia non sono di facile coniugazione.

La donna, oggi, ha raggiunto cariche e incarichi che fino a qualche decennio fa era impensabile solamente immaginare. E lo ha fatto per averli conquistati sul campo, per aver dimostrato di essere all’altezza, in qualsiasi circostanza di stare al pari dell’uomo. Ha raggiunto, insomma, quella parità di diritti da sempre rivendicata che l’uomo, in quanto maschio, sembrava non voler mai concedere.

Potremmo fare molti nomi di donne che hanno scritto e caratterizzato la storia, la scienza, la politica, la ricerca, l’economia ecc. Molti i libri scritti su di esse e molti ancora ne verranno. Ed è proprio per questo che, però, non possiamo perdere del tutto il piacere di pensare alla donna come al “gentil sesso”, nei confronti della quale essere gentili, premurosi, cortesi, galanti.

Aprire la porta a una Signora, farla passare davanti a noi, porgerle il braccio, salutarla con il baciamano, sono per esempio gesti di attenzione e cortesia che certamente fanno piacere. Fanno piacere a tutte le donne, senza alcuna distinzione di età e provenienza, di professione, anche e forse e soprattutto a quelle “in carriera”.

Sono e resterò sempre un po’ maschilista, magari solo per partito preso, ma non posso non riconoscere l’importanza e la centralità della donna nei nostri giorni. È forse, però, una centralità e una importanza diversa da quella delle donne di un tempo, delle donne che, come per esempio mia madre, hanno sacrificato la vita per la famiglia e per i figli. Erano certamente tempi diversi, tempi lontani, forse anche altre donne.

Donne che però, per quello che hanno fatto, per quello che hanno significato e per lo stile di vita condotto, non possiamo e non dovremmo mai dimenticare.

Foto: DanaTentis da Pixabay