È Primavera

La primavera può essere un fatto astronomico, naturale e faunistico. Ma c’è anche una primavera della città e una della campagna, una primavera del virus e dei vaccini, e ci sono primavere della solidarietà, della scuola, dell’Italia, dell’umanità: viviamo queste primavere!

Da qualche giorno la Primavera è entrata ufficialmente nel suo equinozio. Come spesso accade, il suo arrivo e la sua vicinanza, ci è stata manifestata da Madre Natura in tutta la sua effervescenza e rigogliosità. Nei viali alberati della città le piante sembrano essersi risvegliate, e le nuove piccole foglie cominciano a fare mostra di sé sui vecchi rami. Mentre altre manifestano tutta la loro voglia di tornare ad ombreggiarci presto, avendo già delineato quello che sarà il loro prossimo aspetto.

Altre ancora, con i loro fragili fiori bianchi, rosa o giallini, che sembrano sfidare lo smog della città, riempiono l’aria di un profumo di fresco e quasi di pulito. Ai loro piedi una miriade di piccoli petali che la brezza ha voluto far cadere, colorando i marciapiedi e le auto in sosta. Le mimose, più gialle che mai, hanno da tempo salutato con orgoglio la festa della donna ma continuano a rallegrarci l’olfatto e la vista, pur in procinto di sostituire i loro morbidi fiori a palline gialle con le segmentate foglioline. In qualche aiuola, poche per la verità, che ha resistito all’incuria dell’uomo e all’inverno ormai trascorso, qualche timido e sporadico fiore di varia natura fa capolino tra l’erba incolta. La stessa erba che rispunta tra l’asfalto e i bordi del marciapiede, ai piedi degli alberi e in quei poveri spazi dove l’asfalto e il cemento non coprono interamente.

Anche gli uccelli sono cambiati. Agli storni si sono sostituiti i saltellanti merli che volano di ramo in ramo, vuoi per beccare qualcosa, vuoi per rincorrere questa o quella merla con cui accoppiarsi. Le tortore sono tornate, così come i passeri e qualche fringuello. I gabbiani che per la verità non hanno mai lasciato la città, sembrano più voraci che mai e continuano a padroneggiare lì dove è più facile lacerare, con il loro forte becco, sacchi di ogni tipo, alla ricerca di cibo e avanzi di cui nutrirsi. I piccioni volano alti come se avessero paura di soffermarsi, tenendosi alla larga dai ben più grossi e voraci gabbiani.

Le giornate, certamente più lunghe e con l’aria più mite, salutano le persone che ben più volentieri escono di casa. A passeggio, per lavoro, in bici o, come oggi assai più in voga tra i giovani, in monopattino. Anche le automobili sembrano voler più volentieri inquinare l’aria con qualche spruzzata qua e là di fumo bianco, vuoi perché partono o vuoi perché ferme al semaforo. I bus, sempre più grandi e sempre più pieni, non nascondono anch’essi il loro piacere ad immettere ossido di carbonio e piombo nell’aria che, comunque, è quasi ai limiti della tollerabilità.

È Primavera. La Primavera della città. Per fortuna fuori di essa esiste ancora, anche se sempre più difficilmente, la Primavera vera, quella dei piccoli paesi o della campagna dove uomini, animali e piante sembrano, in un unico scenario fatto di colori, suoni, odori e percezioni di ogni tipo, salutarne l’arrivo.

È arrivata, quest’anno, desiderata come non mai da tutti noi; non solo quale preludio della Santa Pasqua e delle sue festività ma, anche, quale anticipo del bel tempo e dell’innalzamento delle temperature.

Anche quest’anno, come l’anno scorso, la Primavera ci trova con la bocca ed il naso coperti da brutte mascherine che non ci consentono di respirare. Grandi e piccini, scolari e studenti, operai e impiegati, ingegneri ed avvocati, tutti insomma costretti ad indossarle per cercare di proteggersi e proteggere. Non basta certamente cucirle di stoffa dai colori diversi, anche i più strampalati, con questo o quel logo, con questo o quel ricamo, con questa o quella forma, per renderle meno sgradevoli. Anzi più variopinte e ricamate sono, tanto più ci ricordano la coercitività del loro uso, della necessità di doverla indossare nella speranza che un giorno, forse, chissà, se ne potrà fare a meno.

È questa la Primavera dei vaccini. Tutti i paesi del mondo, in gara contro il virus e contro il tempo, hanno iniziato da alcuni mesi la corsa alla vaccinazione. Alcuni sono più avanti, altri più indietro, ma tutti o quasi si sono resi conto che null’altro possono fare per fermare questo flagello. Dobbiamo immunizzare la maggior parte delle persone, iniziando dai più deboli e gli anziani, e proseguire con tutti coloro impegnati negli ambienti sanitari: medici ospedalieri, infermieri, medici di base e via di seguito. Furbi e furbetti anche in questa circostanza hanno saputo scavalcare “la fila” e farsi vaccinare prima, in barba ad ogni priorità. Siamo in Italia, è vero, ma non possiamo non turbarci o far finta di niente dinanzi a simili fatti e comportamenti che insultano ed oltraggiano tutti coloro che operano con convinzione e abnegazione, e cercano di far tornare il nostro Paese ad essere quella culla di democrazia e civiltà che la storia ci ha riconosciuto.

È questa la Primavera della solidarietà, verso tutte quelle persone e famiglie che, senza più il posto di lavoro, non riescono a sfamare i loro congiunti. Solidarietà verso tutte quelle categorie che sono sempre più vicine al baratro della povertà e del fallimento. Solidarietà vera, sincera, verso tutti coloro che in questa pandemia soffrono fisicamente e psicologicamente.

È la Primavera del ritorno a scuola, lo speriamo tutti, con la presenza in classe per gli istituti di ogni ordine e grado. Dalle scuole materne agli asili, dalle elementari alle superiori, fino alle università. Troppi i ragazzi che, da troppo tempo, sono stati privati dei loro studi, del loro sapere, dei loro amici, dei loro insegnanti, delle loro frequentazioni.

Al pari dei vaccini la scuola è, in questo momento, strumento essenziale per continuare a vivere e costruire il nostro futuro partendo dalle fondamenta: dai nostri figli, dai nostri nipoti, dai quei milioni di giovani che non possono più permettersi di regalare anni della loro giovinezza a questo virus subdolo ed omicida.

È la Primavera, forse, del nostro Paese che ha trovato finalmente una forma di governo di responsabilità, con una guida seria, esperta e responsabile che potrà toglierci e spingerci fuori dalle secche in cui politiche inadeguate, scellerate ed incapaci, da troppo tempo ci avevano confinato.

È la Primavera dell’umanità che, memore di questa esperienza, potrà risollevarsi e rigenerarsi con scelte che tengano conto di quanto è successo. Scelte per la salvaguardia del pianeta, dell’ambiente, dei rapporti fra i popoli, di comprensione e condivisione fra culture di origini diverse e assai distanti tra loro.

Il sapere e la scienza al servizio della vita, dell’umanità tutta, senza alcuna distinzione di razza o religione.

E con la Primavera ci sarà il sole, temperature migliori che insieme ai vaccini, non dimentichiamolo, ci aiuteranno definitivamente a debellare questa pandemia. Per farci ritornare ad essere uomini e donne migliori di come eravamo, fedeli anche a quei principi di fede che, forse avevamo un po’ dimenticato.

Foto: Jill Wellington da Pixabay