Abitudini

Articolo pubblicato sulla rivista "NEXUS" n. 109 - Primavera 2019

Gli abiti comportamentali indotti dalla società non sono utili alla nostra realizzazione personale. Anzi, sarebbe utile ripensare ogni nostro gesto quotidiano e chiederci: mi piace il modo in cui sto vivendo?

Tutto ciò che normalmente e quotidianamente facciamo e tutti quei comportamenti e atteggiamenti che ormai quasi automaticamente assumiamo, rientrano nella sfera delle abitudini.

Per la verità, ognuno di noi, chi più chi meno, è incline ad abituarsi un po’ a tutto ed è per questo che, quelle cose che non avremmo mai pensato di volere o poter fare, sono diventate normali e non ci sorprendono o non ci stupiscono più. Diventa così normale cercare gli occhiali per leggere il giornale anche se non ne abbiamo mai avuto bisogno prima o toccare le tasche per vedere se e dove abbiamo messo il telefonino.

Ci siamo abituati a mangiare con il cellulare sulla tavola, a “sfogliarlo” mentre siamo in dolce compagnia e, al pari di un indumento intimo, non possiamo non sentircelo addosso.

Ci abituiamo a bere il caffè amaro perché qualcuno ci ha detto che per gustarlo di più non si deve zuccherare o perché ce lo ha consigliato il medico.

Ci abituiamo a non scrivere più con la penna ma solo digitalmente, conseguentemente a non inviare una cartolina o una lettera per posta, sostituite da una più rapida e moderna mail.

Ci abituiamo a indossare persino una camicia di una taglia più piccola, così come la giacca e un paio di pantaloni opportunamente scoloriti, sfrangiati e bucati all’insegna di una moda alla quale non possiamo sottrarci.

Ci si abitua, diventando un fatto normale e automatico, a prendere l’ascensore anche se andiamo al primo piano, o a servirsi dell’automobile anche solo se dobbiamo fare pochi metri.

Ci si abitua a star male, a sentire quei dolori alle gambe e alla schiena che, ahimè, non avevamo mai avuto o provato in gioventù.

Ci si abitua a non essere ascoltati anche quando si è convinti di essere nel giusto, quando anche per questioni ovvie non si fanno i confronti appropriati.

Ci si abitua alla più farraginosa e complicata burocrazia, arrendendosi ad essa il più delle volte, non intraprendendo quelle attività che speravamo poter svolgere.

Ci si abitua alla strada piena di buche e ai marciapiedi malmessi. ci si abitua alla sporcizia, ai cassonetti sempre pieni e martoriati da atti vandalici.

Ci si abitua allo smog, all’inquinamento e non ci facciamo più caso se il vigile urbano, nelle strade di città, deve indossare la mascherina sulla bocca.

Ci si abitua ai repentini cambiamenti climatici, con piogge torrenziali di pochi minuti e lunghi periodi di siccità.

Ci si abitua a un clima mite d’inverno che può raggiungere in poche ore temperature glaciali mai registrate prima.

Ci si abitua a una scuola che non insegna più come dovrebbe e che progressivamente e inesorabilmente concorre a quel declino socio-culturale i cui effetti non tarderanno, come già dimostrano alcune avvisaglie, a farsi sentire.

Ci si abitua a vedere il cielo sempre più plumbeo, a non vedere più le rondini sfrecciare in alto nel cielo nelle sere d’estate.

Ci si abitua a non vedere più un’ape o una farfalla posarsi su un fiore di campo. ci si abitua all’influenza epidemica degli inizi dell’inverno e a far la fila dal medico curante. ci si abitua a fare la fila in ogni luogo e in ogni dove, nell’attesa che venga il nostro turno.

Ci si abitua a essere allergici alle polveri, talvolta si dice ai pollini anche se, nostro malgrado, dubitiamo che esistano ancora.

Ci si abitua alle intolleranze alimentari, sempre più diffuse e che si manifestano anche in tenerissima età.

Ci abituiamo a vedere le cose che vedono tutti, non fidandoci più troppo di quello che osserviamo noi per paura di essere giudicati ciechi o visionari.

Ci si abitua a pensare come pensano tutti perché quello è sicuramente il pensiero più corretto.

Ci si abitua ad andare dove vanno tutti perché quello è certamente il posto migliore e più giusto. ci si abitua a sopportare l’arroganza e l’intolleranza di chi non ti considera e non ha alcuna considerazione neanche per il prossimo.

Ci si abitua a voltarci dall’altra parte quando qualcuno ci chiede una mano, un aiuto.

Ci si abitua a non commuoverci davanti a un bambino che, sporco e malnutrito, ti chiede l’elemosina.

Ci si abitua ad ascoltare le peggiori notizie o a vedere in televisione i più nefasti accadimenti che colpiscono altri paesi, altri stati, oppure che sono a noi vicinissimi.

Ci abituiamo a immagini così raccapriccianti che, solo un po’ di tempo fa, non avremmo mai pensato di poter vedere.

Ci si abitua ad ascoltare discorsi idioti di politici ormai presenti sui social network alla stessa maniera con cui ci siamo abituati alle pubblicità che interrompono una pur rara interessante trasmissione.

Ci si abitua ad ascoltare la radio o a leggere i giornali che oggi sostengono una tesi e domani un’altra. ci si abitua a essere presi in giro da chi gestisce, a proprio piacimento, il servizio dell’informazione anche pubblico, che pubblico e imparziale non è, ma solo preda di questo o quel partito politico che di volta in volta fa razzia di poltrone.

Ci si abitua persino a non fidarsi di un medico specialistico, magari segnalatoci da qualche amico medico, per ricorrere a un altro medico e poi magari a un altro ancora.

Ci si abitua a non fidarsi della sanità pubblica e delle sue strutture per ricorrere, i più fortunati, ai centri specialistici privati.

Ci siamo abituati a non andare più in chiesa la domenica, a non osservare i sacramenti e a non trasferire ai nostri figli e nipoti quei concetti cristiani pur sempre vivi e trasmessici dai nostri genitori.

Ci siamo abituati a convivenze prematrimoniali tra giovani come fatto propedeutico a un matrimonio felice e duraturo.

Ci siamo abituati a separazioni così rapide e inspiegabili alla stregua di un dente cariato che il nostro dentista di fiducia ci consiglia di togliere alla svelta.

Ci siamo, insomma, abituati a tutto e con il più alto senso di adattamento.

Mai nessun essere vivente era riuscito prima d’ora ad adeguarsi e adattarsi a ciò che accade e a ciò che lo circonda come l’uomo.
Siamo riusciti, in pochissimi anni, là dove madre natura, nei confronti di altre specie viventi, non era riuscita, decretandone in alcuni casi l’estinzione.
Ma non ci accorgiamo che, così facendo, ci stiamo abituando persino a morire giorno dopo giorno.

No, non può essere così!

Non dobbiamo abituarci a niente e a nessuno. Non possiamo essere degli abitudinari e per questo assuefatti a questo o a quell’evento riprovevole. Ciò che pure nei nostri giorni abitualmente accade, non può e non deve annullare la nostra personalità, la nostra fede, il nostro desiderio di riuscire, con le parole e il ragionamento, a capire e trasmettere ciò che è più giusto o che dovrebbe essere tale.

Non possiamo abituarci a sentire ciò che non vogliamo sentire.
A credere a ciò cui non crediamo, a dire ciò che non pensiamo.

Non possiamo abituarci a non avere un cuore, a non commuoverci, a non appassionarci, a non incantarci davanti ai fenomeni naturali, anche piccoli e semplici come il nido di una rondine sotto il cornicione di una casa.

Non possiamo abituarci acriticamente e passivamente alla televisione, ai giornali, ai politici, a quelli che in genere parlano per mestiere.

Non possiamo abituarci a credere di rimanere sempre giovani, senza renderci conto e sapere apprezzare che la maturità è qualcosa di eccezionalmente bello e interessante proprio perché parte essenziale di un ciclo biologico al quale nessuno può sottrarsi.

Non ci dobbiamo abituare ad avere sempre paura, sarà questa semmai che, grazie al nostro intelletto e alla nostra capacità di reazione, deve temerci.

Non possiamo non osservare tutto quanto ci circonda, magari con l’ausilio di un paio di occhiali, mettendoli e togliendoli più volte se necessario.

Dobbiamo e vogliamo capire.

Non dobbiamo abituarci alle cose che accadono. Vogliamo invece contribuire a farle o a non farle accadere, con il nostro impegno, la nostra intelligenza, la nostra passione che nessuna abitudine o inclinazione possono annullare.

Non dobbiamo abituarci alle nostre abitudini, alle nostre pigrizie, alle sconfitte, agli insuccessi.

Non dobbiamo abituarci alla sopportazione, ai soprusi, alla sopraffazione.

Non possiamo abituarci a essere spettatori inermi e assuefatti a ciò che non vogliamo, a ciò che non condividiamo.
Abituarci, questa volta sì, a fondare la nostra esistenza su quei principi sani di lealtà, sopportazione, condivisione e aiuto oltreché rispetto delle idee e dei princìpi degli altri. Solo così, ci abitueremo davvero a dare un senso alla nostra vita.

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