Lacrime e…

Siamo stati creati per tante cose, e tra queste anche per piangere, per versare calde e copiose lacrime salate. I motivi per piangere nella vita sono molti e fortunatamente non tutti spiacevoli; l’importante è non nasconderle, le lacrime. Perché nascondendole agli altri, nascondiamo qualcosa d’importante anche a noi stessi.

Di Risi e Sorrisi ho già scritto. Coscienza vuole – e non solo per par condicio – che scriva anche di Lacrime e Pianto. Cercherò di farlo, nel modo più originale possibile, considerato l’argomento che, a prima vista, si presenta oltre che non facile anche poco invitante da leggere, ma tenterò, anche in questa circostanza, di condurvi quasi per mano in questo mio breve percorso di analisi e considerazioni.

Abbiamo sempre più paura di parlare di lacrime e di sentirne parlare, persino gli innamorati sono passati, pur senza accorgersene, da “Una lacrima sul viso” di Bobby Solo e gli sguardi languidi e di tenerezza, alle impersonali e fredde faccine dello smartphone.

Di lacrime ormai non vuole più sentirne parlare nessuno, come fossero passate di moda, proprio come quelle magliette lavate troppe volte e diventate lise o troppo strette che nessuno vuole più indossare. Le si vedono, le lacrime, ormai solo su quelle statue o immagini Mariane nei santuari disseminati qua e là nel nostro territorio. Anche la guerra che stiamo vivendo ignora le lacrime di quanti soffrono e la patiscono per le loro distruzioni e i loro morti. Puoi certamente misurare il sangue versato in una guerra dai morti e dai feriti che cadono in battaglia, ma non riusciremo mai a calcolare il dolore vissuto in base al versamento delle lacrime. Nessuno mai porterà, qualora ci fosse, al tavolo delle trattative di pace, i contenitori di lacrime versate da tutti coloro che sono stati costretti a subire barbarie e angherie, lutti e distruzioni.

Una cosa però è certa: pur se non ammesso o non ricordato apertamente dai più, nel mondo si continua a piangere. Più di nascosto di prima sicuramente, ma anche più intensamente. Ne sono sicuro.

Si piange quando si è soli, si piange in silenzio, di notte e quando nessuno può vederci o sentire. Perché abbiamo fatto nostro il concetto che è vergognoso piangere. Abbiamo relegato le lacrime nello scaffale della debolezza caratteriale, le abbiamo umiliate e impoverite di significato, isolate dai sentimenti, sacrificate ad essere versate di nascosto.

Ragioniamoci insieme. Le lacrime non sono come l’acqua che è una sostanza incolore, inodore, insapore. Quante volte, magari solo da bambini, in seguito ad un pianto copioso ne abbiamo provato l’odore e il gusto salaticcio. Forse è per questo che dobbiamo ritenerle “il condimento della vita”. Quante lacrime servono a ciascuno di noi nel nostro percorso di vita? Quante lacrime servono alla nostra anima? È vero, si piange anche quando si taglia una cipolla o si mangia qualcosa di eccessivamente piccante ma, non sono queste le lacrime che ci interessano. Le lacrime, quelle vere, quelle giuste, quelle che ci accompagnano nelle nostra vita sono altre. Sono quelle per le quali lottiamo con noi stessi pur di non mostrarle, perché questa società dei consumi non vuole vederle e non ne vuole sentire parlare.

E noi invece lo diciamo e lo rivendichiamo. Si piange per amore, per dolore, per rabbia, per paura, per disperazione, per solitudine. Si piange di gioia, di felicità , di soddisfazione. Si piange di ricordi, di rimproveri, di successi e insuccessi.
Forse sappiamo troppo poco sulle lacrime ma, una cosa è certa, non sappiamo quanto sia sbagliato trattenerle. Da qualche tempo e in alcune occasioni si sente parlare di pianto liberatorio, non inteso unicamente come sfogo di dolore o rabbia, ma anche come nuova linfa e ossigeno per continuare ad andare avanti.

Possiamo misurare il PIL di una nazione tenendo conto di tanti elementi ma, tra essi, certamente non concorre la quantità di lacrime versate dai suoi cittadini.
Piangono i neonati, piangono i bambini, piangono i giovani, piangono gli adulti, piangono gli anziani, piangono gli uomini come le donne.

Le lacrime sono certamente alla base dei nostri comportamenti; pensate a quando siamo tristi o arrabbiati, ma anche a quando siamo particolarmente soddisfatti e felici, così come a quando ridiamo tanto. Non molto tempo fa, durante l’ora della pausa del pranzo, all’interno di una grossa fabbrica di prodotti per pitture, ho notato un giovane di colore piangere accovacciato vicino ad un grosso macchinario. Mi sono avvicinato pensando fosse accaduto qualcosa, che si fosse fatto male. Mi spiegò che, dal Senegal, la mamma gli aveva appena comunicato che era nato il suo primogenito. Piangeva di gioia, ma anche di dispiacere per non essere là, nel suo paese, accanto a sua moglie. L’ho rincuorato dicendogli che un giorno, raccontandolo al figlio, questi sarebbe stato fiero di suo padre. Così come mia nonna, quando rideva, non poteva fare a meno di asciugarsi gli occhi con un fazzoletto tutto stropicciato. Ero piccolo e alle mie domande su come facesse a piangere e a ridere contemporaneamente lei mi rispondeva che era fatta così, che a lei il Padreterno aveva dato il dono di non farsi capire di quando piangeva o di quando rideva, non avendo così bisogno di celare i propri sentimenti.

Dovremmo imparare che la parola lacrime non ha necessariamente ed esclusivamente un effetto negativo. Immaginate solamente a quanto male provano e quanto e cosa perdono quelle persone che non riescono a piangere. Non riuscendo a dare forza e sfogo ai propri sentimenti, a liberarli, ad esternarli e a condividerli. Come in un deserto senza acqua, in essi non potrà mai nascere il germoglio della consapevolezza di aver provato ogni sensazione – scusate il bisticcio di parole – all’interno di ogni grande emozione.

Piangiamo dunque, se e quando lo vogliamo. Non dobbiamo avere timori o paure di apparire quello che non vorremmo essere perché, ve lo assicuro, è vero il contrario.

Foto: Poesando