Un articolo sulla preghiera di Teodoro Russo

Amen

Una riflessione su cosa vuol dire pregare: voi pregate, lo facevate da bambini, lo fate ancora? E per cosa si prega? Per ricevere un favore, per sperare, o per gettare un ponte tra noi e l’assoluto, per cercare dentro di noi una scintilla d’infinito?

Ci si ritrova spesso a pensare a cos’è o cosa è stata la propria vita. E’, questo, il “viaggio”, unico ed irripetibile che ciascuno di noi inizia già dal primo vagito.

Si nasce perché concepiti dai nostri genitori, così come vuole madre natura che, con la riproduzione, ha fissato i canoni della continuità di un prolifero ciclo biologico e così come, soprattutto, voluto ed organizzato da Colui che, tutto regge e governa nel Creato. Il Padre Eterno appunto, il Signore nostro Dio.

Ed a Lui, sin dall’infanzia, mi è stato insegnato di rivolgermi, in ogni circostanza.

“Signore, benedici questo cibo che stiamo per prendere”, così recitavo all’asilo prima di quel seppur esiguo pasto del mezzodì e così facciamo ancora oggi, avendo trasmesso questo mio primo insegnamento ricevuto, a tutta la mia famiglia. Era quello, il tempo, in cui il “pane quotidiano” era veramente una conquista da duro lavoro e, noi bambini, non sapevamo certo cosa fosse o addirittura significasse il superfluo.
Quell’essenziale era comunque molto, considerato i non rari casi di povertà o di grande difficoltà in cui versavano molte famiglie.

E, ringraziare il Signore, in un contesto così difficile e per ciò che avevamo era, e va ribadito certamente anche oggi, è “cosa buona e giusta”. Ho ancora vivo il ricordo di tutte le preghiere, anche in latino, recitate nel tardo pomeriggio di ogni giorno da mia nonna. Dedicate a Maria, a Gesù, allo Spirito Santo, ai Santi, ai defunti …….

E del Santo Rosario per la famiglia, con quel numero quasi interminabile di Ave Maria, interrotto ogni dieci da un Pater Noster ed un Gloria Patri, facendo scorrere tra le dita i grani della coroncina.
Ne recitava e ne conosceva tantissime di invocazioni religiose che ancora oggi mi domando come facesse a saperne così tante.

Una risposta me la sono data solo tardivamente. Più si era poveri e più si sentiva la necessità della preghiera, di rivolgersi al Signore per alleviare quelle pene terrene e delle quotidiane privazioni.

Ed è così che si cresceva, una volta, nel credere fermamente e fervidamente in quella “Sia fatta la volontà di Dio” alla quale ciascuno di noi si rimetteva.

Quante volte ho pregato e quante volte mi sono rivolto al Signore, quante volte le mie parole si sono innalzate verso il cielo. Poi, ad un certo momento, ho deciso di smettere di pregare! 
Perché? Provavo un senso di vergogna ad accompagnare la preghiera con la richiesta di favori personali o addirittura per far si che, certe situazioni, volgessero a mio vantaggio.
Sarà che non sono mai stato bravo a chiedere tanto agli uomini quanto al Padre Eterno.

Conoscevo e conosco, oggi, i miei limiti di uomo e capisco fin dove posso arrivare con le mie sole forze e oltre non potrei andare che per Volontà di Dio.

Nella mia modesta dimensione umana, se proprio insorgevano dei dubbi, pensavo fossero solo terreni e, per risolverli, decidevo di volta in volta di rivolgermi esclusivamente ad un avvocato, un commercialista, un tecnico o comunque ad un uomo che fosse esperto di quella specifica materia.
“Se questi professionisti sbagliano”, pensavo, “posso riprendermela con loro oltre che con me stesso”. “Ma con Dio no, non posso prendermela con Lui perché non mi ha esaudito, non mi ha ascoltato o perché le cose non sono andate come avevo chiesto”.

In un certo momento della mia vita, tutto era diventato trasferibile ad un patto terreno. Il lavoro, le norme, i contratti, le consuetudini, gli adempimenti e chi più ne ha più ne metta, mi avevano fatto diventare quasi un automa, un robot che, automaticamente ma anche passivamente, faceva ed organizzava ogni cosa. E così pensavo che, a Lui, al Signore, mai avrei potuto chiedere i danni della Sua non intercessione o del non Suo intervento! Dio non è un professionista, un consulente a pagamento, non emette parcelle, non rilascia fatture o ricevute fiscali!

Comunque, la mia vita , è andata dove doveva andare, nella direzione che io o le circostanze o la “volontà di Dio” hanno deciso di indirizzarla.
Per fortuna o “ Grazie a Dio”, mi sono ravveduto e pur nella consapevolezza di non poter recuperare il tempo perduto della mia non vicinanza a Lui, mi rendo conto che, con la preghiera, si ha, del futuro, una visione migliore. Dio è infinito, la nostra mente invece è assai limitata, e proprio per questa ragione, se viene non accolta, esaudita, si sente sola, abbandonata e derelitta.

Chi ha fede si sostiene con la speranza, vive con la Misericordia nel cuore e non ha paura della morte, certo che oltre ci sarà un’altra vita, quella vera.

E’ questo il principio fondante, l’assunto di essere cristiani. Rimettersi e rassegnarsi a Dio ed alla Sua volontà, che non vuol dire non attivarsi e non combattere contro tutte le avversità, le difficoltà o i mille ostacoli che la nostra vita comunque ci riserva.

Non vuol dire, in caso di malattia, non andare dal medico, in presenza di un torto non adire alle vie legali per un qualsivoglia riconoscimento giuridico.

Non vuol dire accettare passivamente tutto ciò che ci accade senza reagire o senza opporre resistenza. Confidare nel Signore è consegnarsi fiduciosi alla Sua volontà, certamente attenti a ciò che ci accade in questa vita terrena ma non essenziale per quello che sarà la vita nella luce dell’Eternità a cui tutti dovremmo credere ed ambire per potervi accedere.

Importante è saper pregare e per poterlo fare, a parere di “un umile servitore come me, che lavora nella vigna del Signore”, concorrono due condizioni essenziali.

La prima, è non vergognarsi di farlo dove, come e quando si vuole. Quando se ne sente la necessità o la voglia, in chiesa come in automobile, mentre si fa dello sport o una passeggiata. Prima o dopo di qualsiasi cosa, sia essa importante o di diletto, da soli o in compagnia.

La seconda, è conoscere se stessi, guardarsi dentro fin nel profondo dell’anima, parlarsi senza aver paura di conoscere i propri errori. Confessarsi dentro per consentire, se necessario, di correggere i propri errori e lavorare per una vita migliore, volta all’insegnamento di quel Credo lasciatoci da Colui che, per salvarci, si fece crocifiggere.

La convinzione che, ogni preghiera, ogni buona azione, persino ogni cosa che pensiamo o facciamo secondo il Suo insegnamento giunga a Lui, nell’alto dei cieli a Colui che tutto vede e conosce, non può e non deve abbandonarci mai.
E così sia!

Foto: Tep Ro da Pixabay