Memento audere semper

Articolo pubblicato sulla rivista "NEXUS" n. 112 - Inverno 2020

Il viaggio più importante di ognuno di noi è quello che comincia con la nascita e termina con la morte: va affrontato come qualsiasi altro viaggio, con ottimismo, intraprendenza e spirito d’avventura.

È la vita. E inizia, per ciascuno di noi, al momento della nascita che, a seconda di questa o quella teoria, avviene nel momento del concepimento o quando veniamo alla luce, ossia usciamo dal grembo materno. 

Non mi è dato sapere e non mi interessa, in questa sede, stabilire quale delle due teorie sia la più corretta. Sta di fatto che, in un preciso momento, la vita, come una lampadina accesa da un interruttore, inizia a far luce. È la nostra luce, quella che ci accompagna negli anni e che, a seconda dei momenti, è più o meno calda, intensa, luminescente. 

Rischiara e illumina il nostro percorso, non sempre, per la verità, con la stessa intensità, la stessa fluorescenza, lasciandoci anche, in alcuni momenti difficili, quasi al buio. 

Ci è dato di credere che, proprio al momento della nostra nascita, ci viene consegnato un ticket, un biglietto che riporta, nel proprio interno, tutta la nostra storia, la nostra vita, tutto o quasi è già scritto e nulla e niente può cambiarla, modificarla, condizionarla. 

Non credo sia così, sono anzi convinto del contrario. Unica cosa a cui mi è dato credere è che su quel ticket, su quel biglietto, ci sia scritta la data della nostra morte e contro la quale nulla possiamo fare. Per il resto, sono convinto che la nostra storia, la propria storia, ognuno di noi se la scrive per proprio conto, di suo pugno così come io in questo momento sto scrivendo queste riflessioni. 

Ed è così che, forse sostenuto anche in questa circostanza dalla mia sempre presente forza di volontà, ritengo con particolare audacia che il nostro destino sia tutt’altro che determinato e che possa essere corretto e modificato proprio dal nostro comportamento, dal nostro agire o non agire, a volte dal nostro coraggio. Pensare da audaci, essere audaci, alcune volte può essere determinante. 

Osare, ossia desiderare intensamente che qualcosa di non facile possa essere raggiunto, impegnarsi con convinzione per il raggiungimento di quel determinato obiettivo fa la differenza. Memento Audere Semper, sosteneva il D’Annunzio e, lasciatemelo dire, oggi sta diventando quasi una necessità. È chiaro che poi risulta facile essere apostrofati come dei coraggiosi, degli ardimentosi. Non si è timidi o timorosi, questo è certo, men che mai dei pavidi. Credo che solo con l’intraprendenza, mista all’audacia, oggi sia possibile avviare e portare avanti ogni attività.

Lo spirito di avventura è un altro ingrediente fondamentale per coniarsi il proprio destino. avventura intesa non come un avvenimento singolare e imprevisto, o addirittura come una breve relazione amorosa, comunemente chiamata flirt, ma come modo di pensare e porsi davanti a quelle occasioni o opportunità che, anche se non cercate, inevitabilmente si profilano davanti a noi. Naturalmente valutate tutte con la giusta ponderazione, non dando niente per scontato. 

Il caso, la fatalità, le coincidenze sono molte volte dietro l’angolo, non le vediamo, non ci accorgiamo che ci sono o peggio che esistano ma, nella maggioranza dei casi, sono quei fattori che intervengono nella nostra azione “avventurosa”, correggendola o deviandola, per facilitarcela o rendercela più difficoltosa. Accade cioè quello che comunemente chiamiamo imprevisto o fatalità. 

Ma ogni vicenda, quindi ogni fatto, ogni storia, ogni evento, ogni avventura sono sempre condizionati da qualcuno o qualcosa, in positivo o negativo. Sono coincidenze tutte che alimentano l’azione e le storie di ogni uomo a farlo diventare alcune volte un intrepido, altre addirittura un valoroso. Ed è così che, grazie a noi e solo a noi, quell’avvenimento singolare o imprevisto, quella data vicenda diventa un’avventura, un’impresa audace, un fatto, un evento caratterizzato, questo sì, in qualche circostanza, anche dalla fatalità, dal caso. 

Certo che non si può avere uno spirito di avventura senza una buona dose di determinazione. Essere determinati, infatti, nella quasi generalità dei casi significa aver valutato prima ogni cosa, ogni circostanza ed essere pronti a dare risposte ferme e precise, a fare o non fare determinate cose, appunto, tutte propedeutiche alla nostra azione principale. Vuol dire anche avere le idee chiare, non avere alcuna titubanza o esitazione. Essere indecisi, incerti, dubbiosi ha sempre comportato un rallentamento se non un freno, ivi compresa la voglia di fare, di proporre, di mettersi in gioco. Essere determinati vuol dire avere già stabilito e definito dove, come e che cosa si vuole fare, avendo già fissato e precisato a noi stessi ogni percorso e ogni decisione da prendere. 

Si può anche sbagliare per le scelte fatte, ma non ci si può certo rimproverare di non aver scelto o peggio di essere stati inerti e rinunciatari. Non possiamo confondere la determinazione con il determinismo, che è concezione forse anche scientifica, che al contrario, interpreta ogni avvenimento come determinato da un altro o altri che lo precedono in base al nesso di causalità.

È l’essere determinati che condiziona e plasma il caso o la casualità, non viceversa.

È, questo, un principio certamente difficile da fare proprio, talvolta anche da capire e condividere. Si finisce, per contro, con l’essere dubbiosi e irrisoluti, condizionando negativamente e minando fino alla radice ogni nostra azione, con un risultato certo mai soddisfacente. Allora, naturalmente, e per scrollarci di dosso ogni peso o responsabilità, diciamo che è stata colpa del destino, del fato avverso. Sembra quindi impossibile non ricorrere a una buona dose di iniziale ottimismo, prima di procedere in ogni cosa. La fiducia nei propri mezzi, nelle proprie possibilità e capacità è il migliore acceleratore per quelle che possono essere le nostre scelte, le nostre decisioni. 

L’ottimismo è quindi quella particolare “dote” e disposizione a vedere aspetti positivi in ogni cosa che facciamo o intraprendiamo, ma anche che possiamo incontrare o avere la possibilità di analizzare. L’essere ottimisti ci induce ad essere fiduciosi, pur anche speranzosi per quello che può o non può capitarci. È un po’ come il sale sull’insalata, la rende più saporita. 

Insaporisce, quindi, l’ottimismo, i nostri discorsi, il nostro lavoro, i nostri impegni, i nostri esami che, come diceva il grande Edoardo, “non finiscono mai”. 

Una persona ottimista è una persona con la quale si sta volentieri insieme, perché l’ottimismo è qualcosa di contagioso, che si trasmette e influenza il nostro stato d’animo. Svegliarsi al mattino e pensare che sarà una bella giornata ci fa andare al lavoro più sereni e più ottimisti sui nostri risultati. Essere scettici, pessimisti, oltre a farci vivere male e affrontare le nostre giornate nel modo peggiore, quasi come un automatismo, ci condanna ad essere soli, con pochi amici, scarse frequentazioni. Poche, infatti, sono le persone che vogliono essere contagiate da questa sì brutta malattia che genera uno stato d’animo di chiusura e paura di chiunque e ogni cosa, relegandoci nella solitudine. 

Ecco quindi che cosa contiene il nostro ticket, il nostro biglietto. Il famoso biglietto di cui parlavo all’inizio e che ci viene consegnato alla nascita. Audacia, avventura, determinazione, ottimismo. Tutte presenti in egual misura in ciascuno di noi. A noi il compito di scovarle, leggerle, capirle e coltivarle se necessario. Con loro, il nostro viaggio, il nostro cammino non potrà essere che migliore, fecondo e a dir poco interessante. È quel cammino di vita, la nostra vita, che va percorsa nel migliore dei modi. Quasi come fosse un bellissimo viale alberato ai cui lati c’è sempre qualcosa da scoprire, da vedere, da non perdere e che continuamente stimola la nostra curiosità, la nostra fantasia. E più siamo curiosi e più sogniamo, più contribuiamo con il nostro comportamento audace e ottimista a vivere situazioni migliori, a visitare nel nostro percorso quei luoghi che più ci piacciono. 

Certo, è proprio così, perché la vita è un viaggio più breve di quello che si possa pensare e immaginare. Agli inizi può sembrare lunghissimo, ci si illude che il tempo non passi mai. Ci si accorge, invece, nella maturità, che il tempo inesorabilmente è trascorso e il nostro viaggio volge al termine. Per questo è necessario, sin da subito, intraprenderlo nel migliore dei modi, farlo con la convinzione giusta, con la persona giusta e viverlo nel modo migliore, dando e ricevendo da esso il più possibile. Viverlo appunto, non trascorrerlo o farselo passare tanto per fare qualcosa. È un viaggio di vita, della nostra vita che, molte volte, con il nostro fare o non fare condiziona anche il viaggio di altri, dei nostri cari, di chi ci sta vicino, dei nostri amici o conoscenti. È un viaggio che i nostri genitori ci hanno offerto, felici di potercelo offrire nella maggioranza dei casi, con destinazioni e percorsi da scegliere, per cui viene staccato quello che oggi si chiama un “biglietto o ticket aperto”. 

A noi la responsabilità di scegliere come e dove andare. In valigia, ve lo dice chi viaggia e ha viaggiato molto, mettete gli indumenti e i propositi migliori, obliterate il vostro ticket e partite ma non dimenticate, ogni tanto, di soffermarvi a riflettere su ciò che vedete e su quello che avete visto.

Buon viaggio!

Foto: Quang Le da Pixabay