Il cielo in un sorriso

È stato un agosto che non dimenticheremo per l’inferno che la TV e Internet hanno portato nelle nostre case, a sconvolgere con poche immagini, confuse ma indelebili, la nostra routine. Siamo stati ancora una volta messi di fronte alla violenza più abietta e adesso è nostra responsabilità di uomini civili non dimenticare e lottare, perché in ballo c’è l’Umanità.

Ho ancora nella mente Kunta Kinte, schiavo africano in Virginia, alzare il piccolo primogenito al cielo e rivolgersi alla Luna per mostrarglielo, in segno di rispetto ed in ossequio alla propria religione.
Perché così aveva fatto con lui suo padre, prima ancora suo nonno e così i suoi antenati. Erano gli anni settanta, lo guardavamo in una serie televisiva tratta dall’omonimo romanzo “Radici” di Alex Haley.

Altri bambini oggi, vengono alzati verso il cielo, a Kabul, addirittura lanciati oltre il muro dell’aeroporto, per affidarli a qualche militare americano nella speranza che possa portarlo con sé, salvandolo dalla crudeltà dei Talebani oggi nuovamente occupanti della città. I Talebani appartengono tutti a quella falange di estremisti fanatico–religiosi che hanno ripreso in mano con le armi il paese e che forse lo governeranno (speriamo di no) con i metodi più violenti ed atroci, proprio contro i loro concittadini più deboli: le donne, i giovani, i bambini.

Mai immagini più forti di quelle drammatiche dell’esodo delle popolazioni afgane.
Ci scuotono e ci opprimono, prima, con quei piccoli alzati al cielo per essere consegnati a mani sicure pur se sconosciute, affinché li portino via, lontano dalla loro famiglia, dalla loro città, dai loro parenti, ma in salvo da quello che sta accadendo.

Ci affliggono e ci straziano, poi, con la loro morte, in seguito alla carneficina di quel vile attentato che altri fanatici, altri esaltati, sull’onda dello stesso isterismo religioso hanno portato a termine. Mai o quasi mai abbiamo provato turbamento più forte nel vedere fino a che punto è precipitata la crudeltà dell’animo umano, mai o quasi mai ho provato sdegno più forte nei confronti di chi, direttamente o indirettamente, ha permesso tutto ciò.

Chi può permettere questa grande tragedia familiare dentro l’altra ancor più immane tragedia di un popolo che fugge, povero, affamato e spaventato?
Eloi, Eloi, lama sabactani? Gridava in aramaico dalla croce Gesù. Signore, Signore, perché ci hai abbandonato? Potremmo gridare noi, oggi, davanti a tante crudeltà, tante violenze.
Il dolore inferto al più piccolo degli esseri umani, un bimbo, è il peccato più grande, che non ha remissione. Mi domando perché Dio ha lasciato sole queste creature?
Non me ne voglia il Padreterno se dico che si deve pagare per tutto, a questo mondo. Niente è gratuito.
Tranne La Grazia di Dio che non possiamo non invocare per questa povera gente che, lontano da noi continua a soffrire e morire. Oppressi e sterminati dalle armi dei vigliacchi che attaccano deboli e indifesi.
Decimati dai più codardi attentatori che credono nell’esistenza di un Dio crudele ed assassino, spietato e sanguinario. Senza pietà, senza misericordia, senza amore per i propri simili.

Io vi maledico, uomini crudeli, per tutto il male fatto e per il dolore immenso che arrecate ad ogni bambino che avete strappato dalle braccia di sua madre o di suo padre.

Se siete stati bambini – e lo siete stati – non potete macchiarvi di questo strazio, di questa ignominia, e non accorgervi di quanta sofferenza infondete ai vostri simili.
La storia ci insegna quanto sia stata grande la bestialità degli uomini. Proprio per questo, non possiamo più né ignorare né tollerare.

Quante volte e quanti come me hanno alzato al cielo i propri figli, i propri nipoti, per farli sorridere, per trasmettergli la nostra gioia, il nostro amore. Lo abbiamo fatto certamente non per allontanarli e per mandarli via, o peggio, rinunciare a loro. Lo abbiamo fatto perché impagabile era il loro sorriso, non certo per spaventarli o consegnarli a qualcun altro. Lo abbiamo fatto e lo facciamo perché la felicità di un bimbo, i suoi occhi, il suo ridere, sono per noi un dono inestimabile che Madre Natura ci concede.

Deve essere un principio vedere una famiglia, una comunità, un paese, liberati dall’oppressione della violenza e dalle crudeltà di ogni tirannia. Deve essere un dovere tutelare e conservare i loro usi, costumi, tradizioni e culture. Deve essere un obiettivo primario, per le Nazioni Unite e l’OMS, tutelare quei diritti civili universalmente riconosciuti e stroncare sul nascere la possibilità di nuovi conflitti armati, che così tanto hanno flagellato il mondo nel secolo scorso. Poche volte, per la verità, tali organizzazioni internazionali sono riuscite nel loro intento. I conflitti, le carestie, le dispute e le contrapposizioni politico-religiose su territori o aree di influenza degli ultimi 50 anni, ne sono un cattivo esempio. L’esponenziale crescita economica ed industriale di alcuni stati e conseguentemente la necessità di espandere i propri mercati, i commerci, gli interessi, hanno ulteriormente indebolito l’influenza e la possibilità di intervento delle organizzazioni umanitarie.

Non possiamo però arrenderci, o peggio ancora non possiamo essere indifferenti davanti a scene così strazianti che, seppur lontane da noi, feriscono e segnano la nostra coscienza.

Non possiamo farci sovrastare dall’apatia dell’egoismo. Fede e Ragione devono indurci al dialogo, alla discussione, tentando sino allo stremo di persuadere e convincere quei Grandi della Terra che non c’è, a prescindere da qualsiasi colore della pelle o “etnia”, niente di più grande del valore della vita umana. Solo così potremmo pensare che quei bimbi, alzati verso il cielo a Kabul, non siano stati sacrificati invano.
Quei bambini, quei figli, sono figli di tutti noi, uomini e donne di fede e di responsabilità.
Non possiamo dimenticarlo e, statene certi, sono sicuro che queste mie parole e considerazioni non saranno vane, giungeranno a molti altri che la pensano come me e come voi.
Siamo nel giusto. Diffondiamo il nostro comune pensiero.

Foto: da Radio Norba