Felicità

Se ne fa un gran parlare di questa “felicità”, ma il più delle volte, per quanto la si insegua, sembra inafferrabile; e se invece l’avessimo già agguantata in mille occasioni e ogni volta senza accorgercene, lasciandola così fuggir via come un motivetto che non si riesce a tenere a mente? Vediamo un po’ se riusciamo, se non di venire a capo, almeno di dare un nostro contributo alla millenaria questione.

Gli antichi Romani avevano dato il nome di Felicitas alla divinità che presiedeva alla buona sorte e per essa edificarono templi e mausolei. Quella stessa buona sorte propedeutica alla gioia, alla beatitudine, al benessere.

Il desiderio di ricerca della felicità è insito in ciascuno di noi, certo con sfaccettature e desideri a volte molto diversi da persona e persona, ma comunque sempre presente. Così come è diverso il tempo della felicità, inteso sia come durata che come periodo in cui – così avrebbero detto gli antichi romani – “la dea Felicitas ci appare e resta con noi”.
È, la felicità, uno stato d’animo interiore dello star bene, dell’essere sereni, del vivere gioiosamente ed apprezzare quel determinato momento… è “essere felici”, appunto.

Ma quanto desideriamo veramente esserlo? Proviamo a pensare di voler essere veramente felici “solo” cinque minuti l’ora, e non perché non vorremmo esserlo sempre, ma solo perché gli altri cinquantacinque li dedichiamo al nostro tran-tran quotidiano. Tutto ciò significa che, in un giorno, saremmo felici centoventi minuti, ovvero due ore, includendo anche quelle che necessariamente dedichiamo al sonno. Due ore al giorno sono pari a sessanta ore al mese e quindi a settecentoventi ore l’anno. Dette così, sembrano tantissime, e se le moltiplicassimo per ottanta anni – ormai la vita media di un essere umano – si arriva a cinquantasettemilaseicento ore.
Di primo acchito possono sembrare addirittura impossibili se non infinite da trascorrere tanto che, se chiedessi a ciascun lettore di fermarsi qui a leggere e firmare una dichiarazione di accettazione del voler vivere cinquantasettemilaseicento ore di felicità nella loro vita, molti la firmerebbero.
E farebbero un grave errore!

L’equivalente in giorni, infatti, sarebbe pari a duemilaquattrocento che, in anni, equivarrebbero a poco più di sei anni e mezzo. E qui invito tutti ad una riflessione: se siamo cresciuti in una famiglia serena, normale oserei dire, senza gravi problemi o casi particolari, i nostri sei anni e mezzo ce li siamo giocati subito, fino a quando cioè abbiamo frequentato la prima elementare, ovvero fino a quando la nostra fanciullezza ci ha consentito di vivere felici e spensierati. Ecco che pensare che quei sei anni e mezzo di felicità potessero bastare è certamente fuori luogo perché, in verità, la vita ci ha riservato tante altre occasioni per essere felici ed in cui lo siamo stati, magari anche per un solo istante.

Proviamo ad immaginarle.

La gioia che abbiamo provato alla fine di ogni anno scolastico, il diploma, e poi, per gli uomini, il congedo dal servizio militare; la festa di laurea; il primo bacio dato con il cuore in gola e così come tutti gli altri, cento, mille, forse anche di più; tutte le volte che facciamo l’amore; la gioia che abbiamo provato alla nascita di ciascun figlio e poi magari dei nipotini; quando siamo andati in vacanza; in occasione di feste o compleanni; quando abbiamo compiuto una buona azione; quando siamo riusciti in una cosa difficile da fare o superare; alla fine di una buona lettura; in occasione di una serata interessante con amici, con una buona cena ed un buon vino; nel giorno di Natale, scambiando i regali e osservando gli occhi sgranati ed increduli dei bambini; siamo felici al mattino di una bella giornata di primavera; quando acquistiamo qualcosa di particolarmente desiderato; quando ascoltiamo una canzone che ci fa riflettere o ricordare qualcosa; quando usciamo dalla chiesa e abbiamo partecipato con attenzione alla liturgia; quando facciamo del bene al prossimo e ci sorride.

Se solo provassimo a ricordare questi e tutti gli altri momenti di felicità, ci accorgeremmo che certamente siamo stati felici ben di più di cinque minuti o dieci o addirittura quindici minuti l’ora.

Ma per capire meglio cosa significhi per noi la felicità, dobbiamo provare a capire cosa significhi non esserlo.

Perché la vita non può essere solo gioia e spensieratezza. Perché non potremmo mai comprendere, altrimenti, cosa significhi vivere felici senza avere altri termini di paragone. Perché quei cinque, dieci o quindici minuti sono di felicità per ogni ora che trascorriamo solo se effettivamente conosciamo gli altri cinquantacinque, cinquanta, o quarantacinque minuti di ogni ora che, necessariamente, non vanno  come desidereremmo.

Questa è la vita, senza se e senza ma. Un insieme di momenti che ci condizionano e con i quali dobbiamo continuamente confrontarci. Una cosa però è certa, e cioè che tutti i giorni, giorno dopo giorno, le ore, i minuti e persino i secondi, devono essere tramutati e tradotti in felicità per riempirli di amore e sentimento. Si è felici solo quando si è capaci di fare questo, così come si ama una persona, una fede, un’opera d’arte, un lavoro.

La felicità è un correttivo che è in ciascuno di noi e che dobbiamo essere capaci di tirar fuori al momento opportuno. L’uomo più felice del mondo non potrà esserlo se prima non è felice nella sua casa, nella sua famiglia, nel suo lavoro.

Non dobbiamo confrontarci con gli altri, con chi apparentemente sta meglio, con chi è più ricco , ha più successo. Non paragoniamoci a questo o a quello. Non ha alcun senso.

Dedichiamo la nostra attenzione alle persone che soffrono, che hanno problemi, che sono in difficoltà. Non per consolarci, ma per spronarci a fare di più e meglio. Non rinunciamo mai, nemmeno per un attimo, a fare progetti, a sognare,  a guardare al futuro con ottimismo. Ingigantiamo la nostra curiosità per tutto ciò che ci circonda, aumentiamo la nostra cortesia e gentilezza verso il prossimo. Impariamo a desiderare ogni cosa che non è solo il frutto arido della convenienza, perché solo così si è aperti al mondo e a tutto quanto di meglio esso possa offrire.

Allora, e solo allora, potremo dire di essere contenti di vivere e aver vissuto una vita felice.

Foto: Katrin B. da Pixabay